ATELIER BAGNOLI | Il senso dell’arte: fra Tazzi e Bagnoli

ATELIER BAGNOLI | Il senso dell’arte: fra Tazzi e Bagnoli

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Il senso dell’arte: fra Tazzi e Bagnoli

Pier Luigi Tazzi:

“In quegli anni, nella seconda metà degli Anni Settanta, io facevo teatro e insegnavo all’università. Quindi in un ruolo facevo un’esperienza scenico-performativa di quanto il mondo dell’arte e una certa cultura diffusa nel sociale di certe minoranze – i giovani, le sacche intellettuali e creative in opposizione ai sistemi dominanti, e non solo in Italia, ma in tutta l’area occidentale, la scena musicale coeva – avevano suscitato in me e intorno a me; nell’altro conducevo insieme ai miei studenti ricerche sull’analisi teorica delle scienze umane – dalla semiologia all’antropologia culturale, dalla retorica alla filosofia, dai cultural studies all’art theory – in relazione alle pratiche e agli strumenti espressivi utilizzati nella comunicazione. Nell’arte anzitutto, ma anche nella moda e nella pubblicità.

Non c’era fra noi evidentemente alcuna possibilità di incontro. Da quanto dici questo risulta palese.

Sarà quindi solo all’inizio degli Anni Ottanta, nel momento in cui i giochi sono già stati tutti fatti – il ritorno alle tecniche tradizionali dell’arte quali pittura e scultura, principalmente, ma non solo – che si delinea un’area di convergenza. Da un lato si è andato esaurendo l’impulso democratico delle avanguardie – da quelle storiche a quelle neo –, dall’altro si è andata configurando una élite, intellettuale quanto sociale, che usa codici propri che prendono volontariamente una distanza da ogni vulgata. A partire da questa situazione tuttavia si sviluppa nell’arte, soprattutto europea (Austria, Germania Occidentale, Inghilterra, Paesi Bassi, Belgio, Francia, Spagna, Polonia, ma con importanti apporti nord-americani oltre a New York, la California, la West Coast del Canada), una modalità operativa che si fa carico di una tradizione e di una storia che sono quelle che caratterizzano il modello di cultura dell’occidente. Questa modalità non solo non si oppone a quanto la ha preceduta, ma anzi si vede in diretta continuità con quello, pur passando da un concetto di individualità, uno degli assi portanti del modello occidentale, ad un concetto di singolarità, ma anche si mostra aliena ad ogni aspirazione elitaria, configurandosi come minorità che non tenderà mai ad essere maggioranza. In questo ambito mi sembra allora di poter inscrivere la tua opera.”

Marco Bagnoli:

“Caro Pier Luigi

questo incedere m’assomiglia a quello della scienza, per scoperte. Questo fino a che rimani estraneo o esterno. Se nell’equazione tu ed io siamo più stretti o ci consideriamo, succede qualcosa.
Nella visione tutto è possibile. Ma bisogna aspettare, cuocere l’occhio nel fuoco della parabola. Aspettare una visione senz’immagine, una Janua Coeli. Presagita sì, ma vista?

Tengo sul comodino una processione dei magi di Leonardo infittita di segni. E una volta la guardai di traverso… c’erano tre figure a triangolo con il bambino al centro sospeso. C’era una volta di paglia ingiallita con un foro in alto e nel foro una stella cometa d’un oro metallico in un cielo notturno d’un blu elettrico bellissimo. Solo questo. Ma vista di fronte v’erano cavalli uomini scale terrapieni alberi… di tutto. Come se l’ultima cena non fosse riflessa in uno specchio concavo: una apocalisse figurativa… qualcuno l’ha tentata.
Ma era americano.”

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