Dopo la prospettiva del museo aperto, in cui l’opera non ha più un luogo deputato per il suo godimento ma un percorso, Indoor si costituisce come l’eresia che rinchiude le opere. Questo, sebbene nella prospettiva dell’abolizione della differenza tra interno ed esterno, in un “dentro” che accoglie tutto il mondo. Si abolisce il duro concetto di fruizione, con un moto di rispetto ribelle dell’arte, instaurandosi dentro la sua apertura al mondo.
I testi realizzati per l’occasione hanno nella maggior parte dei casi forma di diario. Infatti, solo attraverso una rivelazione della soggettività, quando la materialità del messaggio non viene descritta ma costruita assieme al suo destinatario, c’è una vera comunicazione artistica. Nel democratico interno del Laboratorio tutto è al contempo intimo e pubblico attraverso l’arte.
Tutto ciò è avvenuto a Serre di Rapolano (SI) nell’estate del 1998. All’interno di una vecchia scuola diventata casa-museo, nella quale gli artisti hanno vissuto e lavorato con la comunità. Successivamente avranno un’altra tappa al Museo di Arte Contemporanea di Lione, con una formazione ancora più ampia, e nel 2000 allo S.M.A.K. di Gand/Gent.
Indoor è il luogo dell’opera che diventa suo asilo. E’ un’ospitalità talmente democratica ed ugualitaria che realizza l’abolizione delle differenze tra stanziale e transitorio e crea un abitacolo reale per l’ideale. Mai più esuli che solo in un altrove trovano lo spazio della loro espressione, ma esuli convinti dall’arte a tornare indietro, dentro, indoor.
Mai più un esterno cui forestieri sono, già per la loro collocazione, ostili, preferito a priori ad un interno, ma i più larghi orizzonti intimi per smettere per sempre di proteggerci dal fuori per essere ancora di più all’esterno quando siamo indoor.
Hanno partecipato: Mario Airò in collaborazione con Massimo Bartolini e Toek, Jimmie Durham, Bruna Esposito, Alicia Framis, Fabrice Hybert, Johannes Kahrs, Bjarne Melgaard, Michelangelo Pistoletto, Annie Ratti, Manfredu Schu, Angel Vergara, Carmelo Zagari.
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